sabato 15 dicembre 2012

Parental control e dintorni...

Riporto, condividendole appieno, le riflessioni del Copercom (Coordinamento delle associazioni per la comunicazione http://www.copercom.it/) a proposito del Rapporto annuale Censis e parental control (cioè il 'controllo', o meglio superivsione, dei genitori sull'utilizzo di tv - e internet- da parte dei figli, in particolare i minori).



DOPO LA BOCCIATURA DEL CENSIS
ASSOCIAZIONI ED ESPERTI SOLLEVANO ALTRE PERPLESSITÀ
Tv, ombre lunghe sul parental control
 
Il parental control in tv mostra tutti i suoi limiti. È quanto denuncia il Rapporto annuale del Censis sulla situazione sociale del Paese, nella sezione dedicata a “Comunicazione e media”: “Introdurre il principio, come ha fatto la recentissima normativa approvata a luglio del 2012, che si può affidare a un piccolo robot nascosto nel televisore la protezione dei nostri figli, la selezione delle immagini e le storie che entrano nel loro immaginario e influenzano la loro personalità futura, è un’abdicazione rischiosa sul piano educativo e un inchino ai soli interessi del mercato”.
Su questa urgente e spinosa problematica, particolarmente avvertita tanto dai genitori quanto da tutti gli educatori, abbiamo raccolto il parere di tre presidenti di associazioni aderenti al Copercom: Roberto Gontero (Agesc), Davide Guarneri (Age) e Andrea Melodia (Ucsi). Inoltre abbiamo stimolato il giudizio di due addetti ai lavori: Franco Mugerli (Presidente del Comitato media e minori) e Elisa Manna (Responsabile delle politiche culturali del Censis).
La valutazione complessiva dei loro interventi ci restituisce un giudizio sostanzialmente negativo sul parental control come strumento di tutela nei confronti dei programmi tv nocivi per i nostri figli e nipoti. Da parte di tutti la richiesta di non lavarsi le mani dinanzi a questa emergenza educativa.
 
Roberto Gontero (Associazione genitori scuole cattoliche): “Il ‘fallimento’ del parental control in tv, denunciato dall’ultimo Rapporto Censis, conferma la preoccupazione delle associazioni di genitori in merito alla sua introduzione con il concomitante abbandono delle fasce protette. Lo strumento può essere anche utile, ma non deve essere l’unico mezzo a difesa dei minori. La loro educazione è, infatti, una priorità assoluta per tutta la società e necessita di una vasta rete di attenzioni e interventi, creando in particolare alleanze fra le famiglie e i responsabili dei media che non possono disinteressarsi delle conseguenze dei loro prodotti. Un’altra strada da seguire – anche con risorse economiche – è poi la formazione dei genitori su questi temi oltre che la promozione di una maggiore sensibilità in tutti gli ambiti sociali”.
 
Davide Guarneri (Age): “Come Associazione italiana genitori rileviamo che anche la ricerca Censis fa riferimento, appunto, alle posizioni delle associazioni dei genitori e degli insegnanti che nei mesi scorsi avevano manifestato molte perplessità. Per noi dell’Age permane la perplessità sulla responsabilità che è scaricata sulla famiglia, come utente finale, non responsabile del processo di produzione del prodotto che giunge in tv”. In sostanza il dispositivo, “in assenza di una promozione della qualità del prodotto – afferma il presidente dell’Age –, è assolutamente inutile. Peraltro manca un’adeguata informazione. Infatti non sappiamo quante famiglie italiane abbiano compreso come in questi mesi sono stati modificati gli strumenti a disposizione delle stesse famiglie. Certamente non è molto efficace il ‘loghino’ di vario colore, il simbolo che viene apposto sullo schermo per segnalare la trasmissione non adatta ai minori, perché la gente ormai ci ha fatto l’abitudine”. Invece “sarebbe utile e interessante valorizzare sempre più la responsabilità dei genitori, nonché predisporre una media education attraverso il sistema dell’istruzione. In genere il mondo degli adulti è ancora molto lontano da tutte le nuove tecnologie. E tutto questo, chiaramente, non aiuta i genitori che si trovano davvero soli”. Infine Guarneri, riferendosi ai dati del Rapporto Censis, evidenzia comunque “un piccolo elemento di speranza: all’interno del calo complessivo dei lettori dei libri, un dato che mi hanno fatto cogliere i miei figli, i giovani tra i 14 e i 29 anni sono i maggiori lettori di libri, fra tutte le varie fasce d’età che sono prese in considerazione: forse anche per il contributo della scuola, che li spinge molto a leggere”.
 
Andrea Melodia (Unione cattolica stampa italiana) osserva che “solo il 9% delle famiglie con minori utilizza sistemi digitali di controllo per limitare l’accesso ai contenuti riservati, anche se il 72% ne conosce l’esistenza (Indagine I-Com 2012, riportata da Censis 2012). Questo dato fa crollare la speranza che, almeno in tempi brevi, possa essere affidata alla tecnologia la protezione dei minori, almeno fino a quando i minori stessi saranno molto più competenti dei loro genitori nell’uso dei terminali digitali. In questa situazione – precisa – il parental control, più che uno strumento a favore delle famiglie e dei minori, appare come la foglia di fico usata per nascondere la propria vergogna da parte di chi fa cassa (ci piacerebbe sapere quanto abbondante) proponendo sistematicamente e massivamente contenuti pornografici. Non a caso, chi ha investito nell’offerta di un parental control abbastanza sofisticato, e non sappiamo quanto realmente applicato in quella piattaforma, è l’emittente a pagamento Sky, attivissima nell’offerta di programmi pay per view ‘per adulti’. È la parte nascosta e infamante di un marchio che esibisce qualità. Più che il parental control – conclude Melodia – credo che a proteggere i ragazzi dall’accesso ai contenuti pornografici di Sky sia il timore delle punizioni per i costi extra che i genitori si troverebbero in bolletta. Vigilerei, dunque, sul pericolo della comparsa di offerte ‘promozionali’ nel settore”.
 
Per Franco Mugerli (presidente uscente del Comitato media e minori) “la funzione di parental control, presente e attivabile nella trasmissione televisiva digitale (satellitare, digitale terrestre, mobile) ad accesso condizionato o in chiaro, consente all’adulto di inibire la visione ai minori di programmi in base a un’autoclassificazione per fasce d’età predisposta dall’emittente/fornitore di contenuti. Il così detto controllo parentale è tecnicamente oggi applicabile non come default, ma solo dopo iniziativa positiva da parte dell’utilizzatore singolo e comunque non è dotato di efficienti garanzie sul soggetto che esegue un eventuale cambio di opzione. Al contrario gli accorgimenti tecnici, previsti dalla Direttiva europea, tali da escludere che i minori vedano o ascoltino programmi nocivi, devono essere idonei. Tali esigenze non sono idoneamente realizzabili dalle apparecchiature in uso in Italia per cui l’accorgimento sarebbe solo apparente. L’attivazione da parte dell’utente di un sistema di parental control presente nel decoder non garantisce di per sé un’effettiva protezione da contenuti potenzialmente nocivi. Il Comitato media e minori, raccogliendo le istanze che in particolare l’associazionismo famigliare da tempo sollecita, ha sempre ritenuto necessaria l’introduzione di una funzione di controllo parentale che inibisca l’accesso a tutti i prodotti editoriali non adatti ad un pubblico di minori, lasciando all’utente la facoltà di una sua eventuale disattivazione tramite digitazione di un Pin”. Inoltre, “ha ribadito che la classificazione dei contenuti dei programmi ad accesso condizionato venga realizzata in modo imparziale e uniforme secondo criteri chiari e condivisi, tramite un sistema di rating sulla base di fasce d’età. Al contrario le disposizioni di legge varate nel giugno scorso, di fatto, consentono di trasmettere contenuti nocivi a qualsiasi ora del giorno sia sulle tv a pagamento come anche in chiaro, con l’eccezione di pornografia e violenza efferata, consentita solo per i programmi a richiesta e con particolari dispositivi tecnici”. Per Mugerli, “con l’alibi del parental control, le emittenti possono così scaricare tutta la responsabilità sulle famiglie. Spetta alle famiglie correre ai ripari, ma il sistema del parental control è per lo più sconosciuto e di difficile applicazione (basti pensare a una famiglia con figli di varie età) e anche facilmente aggirabile. Nonostante la Direttiva europea prescriva che questi programmi non possano essere normalmente visti dai minori, le nuove disposizioni di legge sugli accorgimenti tecnici (parental control) non saranno certo sufficienti a evitare che i minori li vedano normalmente. Se le norme di tutela si allentano, ancora più determinanti e centrali restano l’educazione, la formazione, la responsabilità alle quali sono chiamate le famiglie e tutte le agenzie educative che hanno realmente a cuore i minori”.
 
Elisa Manna (Censis): “Il parental control – osserva Manna – si dimostra un tentativo del tutto inefficace di filtrare i contenuti nocivi della televisione. Lo è per diversi aspetti: ad esempio, la difficoltà di classificare i contenuti che possono essere filtrati poi dal dispositivo. È evidente che molti dei programmi televisivi non possono essere classificati preventivamente: si pensi ai programmi sportivi o ai notiziari”. Inoltre, “in questo momento, è attivo un tavolo tecnico presso l’Autorità Garante che sta valutando le modalità di attivazione del parental control per quanto riguarda i contenuti gravemente nocivi”. Ma “è già evidente che non sarà efficace, perché i decoder sono stati ormai venduti”. Quindi, “non si potrà inserire un dispositivo realmente efficace per questi contenuti”. Insomma, “corriamo il serio rischio che finiscano tranquillamente dentro le case degli italiani”.

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